Lo spettacolo ha raccontato, appunto, una storia attualissima, perchè l’Arcivescovo di El Salvador, ucciso per il suo impegno sociale il 23 marzo 1980, mentre celebrava la messa, è la storia di una voce scomoda: le sue denunce contro la violenza, le torture e le sparizioni, il suo stare sempre dalla parte degli ultimi, avevano fatto di lui un prete e un vescovo a rischio vita. E infatti fu prima ucciso e poi dimenticato. Con quest’a messa in scena – affidata ad un cast di alto profilo in cui spiccano in nomi di Salines e Siravo – il Teatro del Cielo ha raggiunto la settantesima edizione e, come ha sottolinerato Mario Marinella, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di San Miniato che sostiene in modo detreminante la vita ed i successi del “Dramma” – “raggiunge un traguardo che nessuna manifestazione teatrale italiana può vantare e lo raggiunge attraverso un percorso coerente e non scontato, avendo l’Istituto del Dramma Popolare tenuto fede agli scopi per cui fu fondato, di diffusione del messaggio cristiano, di un teatro non puramente devozionale e edificante, ma di un teatro impegnato sui problemi e sulle inquietudini del nostro tempo”, ritagliandosi così uno spazio definito e assumendo un ruolo di grande prestigio nel panorama teatrale italiano”.

Nella storia del Dramma Popolare, infatti,  la Fondazione Cassa di Risparmio di San Miniato e, prima ancora, la Cassa di Risparmio, hanno avuto, per decenni, “un ruolo significativo, garantendo continuità all’Istituto con un sostegno concreto, fino a concorrere in modo determinante, nel 2002 – aggiunge Marinella –  alla costituzione della Fondazione Istituto Dramma Popolare, assicurandole la certezza delle risorse per programmare la propria attività, a testimonianza di una condivisione piena dei principi che ispirano fin dalla sua nascita il Teatro dello Spirito e che sono ancora oggi validi, in grado di coinvolgere gli spettatori e di suscitare in loro emozioni e inquietudini spirituali”.
Lo spettacolo,”Il martirio del Pastore”, andato in scena con grande successo, ha il fulcro in alcune omelie di Romero. Il tempo è dato dall’andirivieni di campesinos calpestati, di oligarchi, di monsignori, di padroni terrieri, di colonnelli, che segna il percorso a tappe del vescovo: dapprima ignavo, poi sempre più coraggioso nel comprendere e denunciare le ingiustizie della società in cui egli veniva ad assumere nuove responsabilità, il tentativo di delegittimarlo nel suo essere vescovo, fino all’accettazione del rischio per la sua vita.